Guerini, il ministro neo-Dc che piace ai generali. I piani del renziano post-Trenta, in continuità con l’era della Pinotti
(di Wanda Marra) – Le alte gerarchie militari hanno tirato un sospiro di sollievo quando hanno saputo della nomina di Lorenzo Guerini a ministro della Difesa, dopo lo scompiglio provocato da Elisabetta Trenta, che – al netto anche delle scelte e degli errori – con questi mondi aveva ingaggiato una dialettica, rimettendo in discussione scelte e abitudini ataviche.
Ovvero, aveva deciso di interpretare il suo ruolo senza troppe timidezze rispetto a generali e comandanti.
Guerini arriva nel segno della “restaurazione”: d’altra parte, anche se in questi ultimi mesi ha svolto il ruolo di capo corrente di Base Riformista (il componente del Pd di Luca Lotti), è saldamente democristiano sia come storia politica (viene dalla Margherita), che nello stile e nei rapporti (Renzi lo
chiamava “Arnaldo”, per sottolinearne la somiglianza con Forlani).
E poi, Guerini arriva dal Copasir, dove aveva avuto un certo gradimento preventivo, come figura di garanzia non solo per il Pd, ma anche per Forza Italia: lì è stato “testato” in un ganglio piuttosto delicato.
Dopo la Trenta, il Quirinale in primis (va ricordato che Sergio Mattarella era stato ministro della Difesa) aveva la necessità di una figura che garantisse una serie di equilibri.
Oltre a quello di Guerini, erano circolati altri nomi, tra cui quello di Roberta Pinotti. Scartato, visto che lei alla Difesa c’era già stata. Ma la nomina di Guerini è in piena continuità con quella che è stata a capo di quel dicastero nei governi Renzi e Gentiloni. Tanto è vero che – seppure in maniera discreta – dalla Nato e dagli States sono arrivati apprezzamenti.
LA PRIMA cosa che dovrà fare Guerini è la composizione dello staff. Per ora, ha deciso di mantenere come capo di gabinetto il Generale di Corpo d’Armata Pietro Serino, gradito anche al generale Claudio Graziano e scelto dalla Trenta. Una figura non così determinante, una pedina non in grado di incidere. Bisognerà vedere, allora,
cosa deciderà di fare con il capo dell’ufficio legislativo, che oggi è il generale dei carabinieri, Salvatore Luongo.
Una nomina, questa, decisamente più importante.
Il nuovo ministro si trova sulla scrivania una serie di dossier urgenti. Il primo riguarda la prosecuzione o rimodulazione della fase di produzione degli F-35. Una scelta che Giuseppe Conte ha avocato a sè, ma nella quale la Difesa dovrà comunque intervenire. Poi, c’è la decisione sul riordino delle carriere del personale militare. E la legge sulla rappresentanza sindacale e i ricongiungimenti familiari dei militari.
Centrali, le decisioni sui programmi per la Difesa. La spesa è saldamente attestata sui 5 miliardi e mezzo l’anno. In buona parte ne beneficiano Finmeccanica, Leonardo e Fincantieri.
Nella Riforma di Paola delle forze armate del 2012, è stato inserito un articolo (il cosiddetto “Lodo Scanu”, dal nome del deputato del Pd che lo elaborò) che attribuiva al Parlamento una maggiore voce in capitolo sulle spese per gli armamenti, introducendo la possibilità di bloccare un programma di acquisizione.
UNA ESIGENZA sarà davvero rispettata sotto la guida della Pinotti. Ma la Trenta, nell’anno e mezzo che è stata al governo, ha cautamente congelato tutti gli acquisti.
Ora starà a Guerini decide prima di tutto sul programma per il nuovo sistema di difesa aerea missilistico CammEr (Missile modulare antiaereo comune esteso), oltre che sugli F-35.
E poi, naturalmente, c’è tutta la partita del rinnovo delle missioni militari: ma se ne parla all’inizio del nuovo anno. (Il Fatto Quotidiano)