Concetti della disciplina dell’indebito pensionistico
Vogliamo precisare alcuni concetti della disciplina dell’indebito pensionistico e, allo stesso tempo rimarcare le perduranti contraddizioni in ordine alle richieste di restituzione di prestazioni ritenute successivamente, per vari motivi, non dovute ( per intero o in parte).
Può accadere, infatti che un pensionato venga chiamato a restituire importi ricevuti molti anni prima, pure di consistente entità. Ebbene, tale richiesta è da reputarsi sempre legittima? o l’ente previdenziale deve osservare alcuni requisiti essenziali?
I principi giuridici enucleati dalle Sezioni Unite della Corte dei Conti della sentenza nr. 2/QM del 2.07.2012, secondo cui “Lo spirare di termini regolamentari di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva, ex se, l’amministrazione del diritto – dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio.
Principio di affidamento del percettore in buona fede dell’indebito
Sussiste, peraltro, un principio di affidamento del percettore in buona fede dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria. Tale principio va individuato attraverso una serie di elementi quali il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque al termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche, la rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione, le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell’amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo”.
Alla stregua delle considerazioni sin qui esposte queste sezioni riunite ritengono che il legittimo affidamento del percettore in buona fede dell’indebito matura e si consolida con il protrarsi nel tempo, ed è opponibile dall’interessato, a seconda delle singole fattispecie, sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Tale legittimo affidamento, caratterizzato dalla buona fede, va individuato attraverso una serie di elementi oggettivi e soggettivi, quali:
a) il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque con riferimento al termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche;
b) la rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione (così, ad esempio, non sarà ravvisabile alcun affidamento nella ipotesi in cui il rateo della pensione provvisoria sia addirittura maggiore rispetto al rateo dello stipendio che l’interessato percepiva in servizio);
c) le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell’amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo, sì che possa escludersi che l’amministrazione fosse già in possesso, ab origine, degli elementi necessari alla determinazione del trattamento pensionistico”.
La sentenza nr. 482/2017 resa dalla Corte di Cassazione
La sentenza nr. 482/2017 resa dalla Corte di Cassazione, che ha stabilito che, anche alla stregua dell’art. 52 della legge nr. 88/1989,
“le pensioni possono essere in ogni momento rettificate dagli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione o di erogazione della pensione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che la prestazione sia dovuta a dolo dell’interessato”
In sintesi, il tempo è funzione dell’affidamento, inteso quale situazione giuridica protetta dal protrarsi di esso oltre ogni ragionevole limite d’incertezza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 1224/2002 e Adunanza Plenaria, dec. n.20 del 12/12/1992).